The Utopian Blank Slate....."L'UTOPICA TABULA RASA" ......... in English

IN ARRIVO/ per la prima volta in mostra nella 25° BIENNALE DI ALEXANDRIA per i paesi mediterranei in EGITTO


THE UTOPIAN BLANK SLATE, stills dalla video installazione, due proiezioni, durata 13'16'', colore, souni, agosto-novembre 2009. Tutti i diritti riservati a Vénera Kastrati

The utopian blank slate, “L'utopica tabula rasa”, in architettura viene usata per determinare la concezione e costruzione di un nuovo edificio, libero da compromessi o complicazioni dopo la demolizione di ciò che in precedenza esisteva sul luogo. Nella visione aristotelica, gli esseri umani sono una “blank slate” che la società può imprimere secondo necessità. L'idea di base di “Blank slate”, é che il singolo essere umano nasce senza alcuna precostituita forma mentis, e che la sua identità si definisce attraverso la stragrande maggioranza degli eventi posteriori alla nascita, cioè dall'esperienza sensoriale individuale nel contesto sociale. Questa teoria è ripresa da molti sistemi utopistici che mirano a raggiungere i propri obiettivi attraverso il cambiamento della natura umana e la creazione dell'uomo nuovo.

“The utopian blank slate” é una video installazione con una doppia proiezione che parla di memorie utopiche, dove la visione di due nuovi mondi anonimi, costruiti a seguito della demolizione di intere città, è interrotta di tanto in tanto dalle immagini dei personaggi principali : due produttori di vino, con esperienze radicalmente diverse che vengono posti uno di fianco all'altro, in un surreale incontro virtuale cross-border. Le immagini non sono totalmente intellegibili in quanto realizzate con una tecnica tale da ricordare una sorta di affresco vivente.

Il primo personaggio, Cobo, é winemaker a Berat, una delle più antiche città dell'Albania, terra ricca di storie e tradizioni sacrificate sull'altare dell'uomo nuovo. Il secondo è Giuseppe Bertolino, un produttore italiano di Montegrosso d'Asti (Piemonte) che ha avuto modo di continuare un mestiere che nella sua famiglia si tramanda con naturalezza da generazioni e che da alcuni anni ha lasciato al figlio Fabrizio. La mia esperienza cross-border é la ricerca della memoria in queste persone che ho incontrato nella primavera del 2009 a Verona nel contesto del “Vinitaly”, la nota fiera enologica internazionale. Il mio ruolo é quello di stimolare, raccogliere e setacciare i loro ricordi andando a ritroso nel passato, per condensare decenni di tradizione orale tramandata di padre in figlio in qualcosa in grado di dare un'identità al loro presente. La memoria è un patrimonio immateriale, non come valore di consumo ma d'uso e consapevolezza. Quante volte ci è capitato di far fatica a ricordare certi eventi del nostro passato e avere la sensazione che quella parte di noi fosse perduta per sempre. Le generazioni sono l'affresco di un paese, una visione silenziosa che diventa racconto intenso, storia viva e presente. Diventa ascolto.

“Le vigne appartengono al popolo” citava uno slogan del partito comunista albanese negli anni cinquanta. E' qui che inizia la storia dell'uomo nuovo e quella di Cobo. Il partito aveva fatto espiantare tutti i vigneti lasciando pochi ettari controllati direttamente dallo stato stesso, in modo che venisse prodotto soltanto quel minimo quantitativo sufficiente a soddisfare il fabbisogno per l'unica giornata dell'anno durante la quale ne era permesso il consumo : il capodanno. Un vino senza nome e già senza storia, usato per celebrare la notte dell'arrivo dell'anno nuovo, tra racconti proibiti attorno ad un tavolo e carbonare commemorazioni di antiche tradizioni sempre più sbiadite dal tempo. Un vino senza memoria, il vino della città di “the utopian blank slate”. In questo stato di cose, almeno due generazioni non sono state messe in condizione di percepire le trasformazioni avvenute nel resto del mondo, chiuse com'erano in una sorta di bozzolo con una sola motivazione: la semplice sopravvivenza. Oggi la famiglia Cobo lavora duramente per recuperare quella memoria e colmare il gap generazionale creato dalla dittatura.

“La memoria del passato va praticata nel presente, altrimenti è polvere” così dicono invece le voci che giungono dalle generazioni più lontane fino alle terre che oggi lavora Bertolino nell'astigiano. A dire la verità, qui le parole non si sprecano, così come i racconti. La vera memoria è la terra stessa; é il tramandare le conoscenze acquisite da generazione in generazione con semplici gesti giorno dopo giorno. Ma c'è anche il rovescio della medaglia : per ironia della sorte, la tradizione è stata anche obbligo e costrizione, con il figlio maschio a dover portare avanti volente o nolente l'azienda famigliare senza possibilità di ambire ad una sorte differente.

“The utopian blank slate” é un viaggio nel tempo. E' lo svelare delle identità perdute, delle terre nuove, dei sogni idealizzati e mitizzati. Vénera Kastrati